In futuro importerà sempre meno dove si lavora, ma molto di più come si lavora, purché questo contribuisca a favorire la sostenibilità ambientale ed economica e, quindi, la qualità della vita dei lavoratori

Con il 30 settembre 2023 termina il diritto al lavoro agile (altrimenti detto “smart working”) dei cosiddetti “super-fragili”, ossia quei lavoratori dell’Impiego pubblico e privato affetti da gravi patologie croniche “con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità” così come individuate dal DM del 4 febbraio 2022: a questi lo smart working veniva concesso, sempre e in ogni caso, anche quando le loro mansioni si rivelavano incompatibili allo SW; in questo caso era previsto ricorrere anche ad altre mansioni, lasciando immutata la retribuzione.

Rimane, però, il diritto al lavoro agile fino al 31 dicembre 2023 per le altre due categorie di lavoratori, per i quali resta il vincolo della compatibilità delle mansioni: i genitori di figli under 14 anni e i lavoratori “fragili”, quelli, cioè, maggiormente esposti al rischio di contagio Covid-19, a causa dell’età o dell’immune depressione, derivante da patologie oncologiche, accompagnate da conseguenti terapie salvavita, o da comorbilità.

I Super fragili, se non interviene il legislatore, potranno eventualmente rientrare nella categoria “fragili”, condividendo, però, con loro il vincolo della compatibilità delle mansioni e facendo così un grosso, ingiusto passo indietro.

Del resto, come sostiene Aldo Bottini de Il Sole 24ORE, persiste la tendenza a considerare il lavoro agile come una sorta di “beneficio”, da riconoscere a categorie di persone che si trovino in situazioni particolari, e non invece come ad un nuovo strumento organizzativo finalizzato ad un diverso modo di lavorare, più flessibile ed efficiente, basato, quasi esclusivamente, sugli obiettivi da raggiungere.

Ma questo “mettere continuamente una pezza” non risolve il problema, non aiuta l’organizzazione del lavoro né le categorie di lavoratori che trarrebbero beneficio dal lavorare a distanza, mossi da motivi di salute o da bisogni familiari.

Come abbiamo ribadito numerose e più volte, il legislatore deve tornare sul testo della legge 81/2017 se vuole che il lavoro agile smetta di essere un beneficio, laddove e quando serve, per categorie ristrette, e possa, invece, diventare uno strumento nuovo, “rivoluzionario”, volto ad organizzare diversamente il lavoro adeguandolo al tempo in cui viviamo, al tempo ormai delle tecnologie avanzate e delle intelligenze artificiali.

di Letizia Giellosegretario nazionale Fesica Confsal settore ceramico