Da ieri si legge la “Proposta di codice di autodisciplina di imprese responsabili in favore della maternità” dell’attuale ministra per la famiglia, natalità e pari opportunità. Tra i vari punti uno, a nostro parere,  potrebbe diventare determinante e innovativo per la vita delle donne: “l’utilizzo del corretto smart working, ovvero transizione dal vincolo spazio-temporale agli obiettivi della prestazione”.

Lo smart working non dovrebbe essere una concessione, bensì una scelta consapevole da parte dell’azienda, volta al futuro e spinta da una visione nuova dell’organizzazione del lavoro, non più basata su relazioni di potere (di tipo fordista), intese gerarchicamente, ma piuttosto “sulla parità e sulla fiducia” , in quanto la lavoratrice e il lavoratore sono “persone” prima di tutto.

Finita l’emergenza, meno di un terzo dei lavoratori hanno continuato a lavorare in smart working e, per lo più, per 1 giorno, max 2 alla settimana, su regole stabilite in modo unilaterale dall’azienda attraverso un Regolamento interno, a dispetto del Protocollo Nazionale del lavoro agile per il settore privato, adottato il  7 dicembre 2021, in cui si fissa il quadro di riferimento, condiviso tra le Parti sociali, per la definizione dello svolgimento del lavoro in modalità agile e le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale e in cui è esplicito l’invito ad una regolarizzazione condivisa tra le Parti sociali anche a livello aziendale.

Ma, purtroppo, pochissime aziende hanno accettato di condividere con le parti sociali un Accordo Quadro, avendo preferito ad esso l’adozione unilaterale di un Regolamento interno. Numerose aziende, addirittura, hanno cancellato lo strumento dello smart working e hanno preferito ritornare alla vecchia organizzazione del lavoro: tutti presenti, tutti ”facilmente controllabili”.

E il legislatore? In un primo momento si è limitato a garantire lo smart working per i lavoratori “fragili”, poi, dal primo aprile fino al 30 giugno 2023, è stato ripristinato il diritto all’utilizzo dello SW anche per i lavoratori con figli under 14 anni. Da qui sono nate discussioni, interpretazioni, insomma mille problemi e tanta tensione tra i lavoratori interessati. Nelle aziende, che si sono dotate di un Regolamento sul lavoro agile, i lavoratori con figli under 14 anni, avendone i requisiti, devono attenersi al Regolamento interno (1/2 giorni in modalità SW) o far riferimento a quanto scritto nel decreto Milleproroghe?

Le aziende, su indicazione della propria Associazione Datoriale (Confindustria), hanno deciso, quindi, di attenersi al proprio Regolamento, in attesa che il Ministero del lavoro emetta una circolare atta a sciogliere il nodo e i mille dubbi che, nelle aziende, circolano tra le lavoratrici e i lavoratori. Noi, quindi, sollecitiamo – e con urgenza – l’uscita di una circolare ministeriale che venga a chiarire se quanto previsto dal Decreto Milleproroghe debba applicarsi tout court alle aziende sprovviste di un Regolamento sul lavoro agile oppure se il dettato delle Milleproroghe ha valore integrale in tutte le aziende.

Letizia Giello (in foto copertina)

Segretario Nazionale Fesica-Confsal , settore ceramico

*Componente del Comitato Nazionale di parità e uguaglianza sul lavoro